giovedì 28 marzo 2024
mercoledì 14 gennaio 2015
Molti anni fa organizzai una caccia al tesoro. Nascosi il forziere così bene, che nessuno riuscì più a trovarlo, neppure io, e credo che ancor oggi il tesoro si celi in qualche spiaggia della Toscana, di cui ovviamente non voglio rivelare la posizione.
In breve tra i partecipanti delusi si scatenò una vera e propria frenesia da cercatori d'oro, una furia selvaggia e distruttiva. Tutti si diedero a scavare, a setacciare, a sondare, lanciandomi occhiate sempre più torve, quando non apertamente assassine. Invano.
Si disse che non c'era nessun tesoro, che era una squallida e indegna bugia; fui accusato di non averlo nascosto davvero, di averlo trafugato nottetempo; infine - e fu per me l'accusa più grave ‐ di essere un colossale idiota, incapace perfino di tracciare la mappa di un tesoro nascosto in un fazzoletto di sabbia. Poco mancò che non subissi un pubblico processo sommario e ancor oggi, a distanza di tanti anni, c'è qualcuno che mi rimprovera quell'imperdonabile oltraggio. Racconto questa piccola storia, perché ho sempre pensato alla caccia al tesoro come ad unì esempio profondo di come il gioco metta in relazione finzione e realtà in una maniera vitale, guidata dai sensi, dalle emozioni. Si corre, ci si arrampica, si striscia, si scava, si suda, ci si sporca; e il tesoro si trova sempre nascosto in un luogo altro, sotto terra, dietro ad un cunicolo, in soffitta, in cantina… Il tesoro si raggiunge con fatica, si conquista superando prove, vincendo pericoli.
Così è anche l'Isola del Tesoro che Robert Louis Stevenson recupera dal grande bagaglio di storie piratesche della sua infanzia e che scrive in primo luogo per il padre e per il figliastro: è un grande gioco di ragazzi, un gioco in cui la finzione della vicenda si mescola alla concretezza dei ricordi, delle sensazioni, del mare, del vento, del piacere fisico dello stare vicini a raccontarsi una storia. Bastano poche parole e subito si aprono oceanici orizzonti, la nave alza le vele e i pirati iniziano a cantare, a bere rum e ad agitare coltelli e pistole.
Nella creazione andremo a ricercare proprio la complicità nella relazione di gioco tra i due attori, antagonisti ma necessari uno all'altro, e nella relazione tra attori e pubblico. Sarà utilizzato un teatro fisico, di movimento, di oggetti, con non rare incursioni nel clown.
Essendo rivolto a un pubblico di bambini, saranno privilegiati gli aspetti più avventurosi e la dimensione di gioco in un continuo scambio di ruoli e di situazioni.
Giacomo Anderle
Orario spettacoli:
Ultimo aggiornamento: venerdì 23 gennaio 2015